L’uso del sale in cucina ha radici antichissime, sin da quando i nostri antenati nel neolitico lo scoprirono come ottimo conservatore di carne e pesce e successivamente come un ottimo esaltatore di sapore per tutte le pietanze. Sul sale si sono costruiti imperi e leggende, tasse e rapporti economici, vie commerciali e mestieri, che lo hanno fatto arrivare sino ai nostri giorni.

Quando si parla di sale, si deve per forza parlare del suo abuso, con gravi ripercussioni sulla salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica un valore consigliato che non superi i 5 grammi di sale al giorno (circa 1 cucchiaino, corrispondenti a circa 2g di sodio) per gli adulti e dai 2 ai 5 grammi per i bambini sopra i 5 anni, purtroppo però se ne consuma quasi il triplo! Si stima infatti, che il consumo medio si aggiri intorno ai 12-15 grammi, considerato che circa il 60-80% del sale che assumiamo non è solo aggiunto durante la cottura dei cibi o a tavola, ma è già presente naturalmente in alcuni cibi come latte, carne e molluschi, e soprattutto in tutta una serie di prodotti industriali dove viene addizionato durante la preparazione e conservazione, come pane, crackers, formaggi stagionati, salumi, cibi in scatola e bibite gassate ma anche prodotti dolci, come biscotti, torte e cereali per la prima colazione.

Insomma, il sale è praticamente ovunque, anche negli alimenti più impensabili! Questo vuol dire che per non superare i 5g raccomandati dell’OMS, a casa, dovremmo aggiungerne circa 2 grammi durante le nostre preparazioni quotidiane.

Ma cosa comporta questo consumo eccessivo di sale?

Purtroppo favorisce l’aumento della pressione arteriosa, con conseguente incremento del rischio di insorgenza di gravi patologie dell’apparato cardiovascolare, come l’infarto, ma è stato associato anche ad altre malattie cronico-degenerative, quali osteoporosi e malattie renali. Inoltre, un eccesso di sodio comporta un aumento della pressione extracellulare con conseguente ritenzione idrica, un disturbo che predispone lo sviluppo della tanta odiata cellulite!

Assumere quindi quantità eccessive di sale è dannoso alla salute e può provocare conseguenze anche rilevanti al nostro organismo! E’ chiaro che dobbiamo stare attenti alla quantità utilizzata per condire e alla quantità che introduciamo dagli alimenti confezionati… ma sai che esistono vari tipi di sale? Conosci le loro differenze? Scopriamo insieme le varie tipologie.

Il sale è un elemento cristallizzato composto da sodio e cloro, ecco il motivo per cui è anche chiamato cloruro di sodio. Il più conosciuto è il cloruro di sodio, cioè il tipico sale da cucina, quello che viene comunemente usato come condimento per insaporire i cibi.

Il sale marino è ottenuto per evaporazione dall’acqua di mare in stabilimenti chiamati saline.  Il cloruro di sodio ottenuto da vari passaggi, viene poi decalcificato e cristallizzato, e sottoposto a raffinatura, un processo di lavaggio con acqua pura, che lo estrapola e lo divide da ogni sostanza diversa dal cloruro di sodio stesso. Infatti, il sale marino da cucina può essere commercializzato solo se puro cloruro di sodio al 99,5%

Esiste anche il sale marino integrale che non subisce alcun processo di raffinazione cioè non viene ne lavato ne centrifugato, e quindi non vede intaccato il suo patrimonio di sali minerali e di oligoelementi, anche se le quantità di queste sostanze restano ininfluenti per la salute umana. Inoltre, a differenza di come spesso si crede, non è ricco di iodio: l’Istituto Superiore di Sanità afferma che il contenuto di iodio del sale marino integrale è irrilevante, però il mix di componenti che lo caratterizza fa sì che abbia un sapore più deciso e quindi può essere un bell’aiuto a usarne di meno, senza perdere in sapidità.

Il salgemma è un tipo di sale ricavato dalle profondità del terreno, ottenuto per estrazione nei giacimenti di cloruro di sodio allo stato solido, in grotte che, generalmente, sono ciò che resta di antichi mari. E’ il comune sale da tavola che si trova in commercio.

A livello culinario non ci sono grandi differenze di sapore tra il sale marino e il salgemma, dipende dai gusti personali.

La differenza sostanziale tra questi due tipi di sale sta nel fattore iodio. Il salgemma è cloruro di sodio allo stato puro, tanto che a volte non ha neanche bisogno di essere raffinato. Il sale marino, invece, è sì dotato naturalmente di iodio, un elemento chimico presente nell’acqua di mare che contribuisce a favorire il metabolismo umano e aiuta il corretto funzionamento della tiroide, ma spesso, durante il processo di raffinatura, si elimina anche lo iodio, oltre alle impurità, e quindi si mette in commercio un sale impoverito.

Il sale iodato è quello che consiglia l’OMS in sostituzione del comune sale da cucina. È stato il primo prodotto arricchito di larga diffusione nato per combattere la carenza di iodio che accomuna 55 persone su 100, aiutandoli a introdurre ogni giorno più iodio tramite l’alimentazione. Il sale iodato non è altro che comune sale da cucina a cui sono stati aggiunti sali di iodio. Il che non ne cambia né l’aspetto, né il gusto né il profumo. Ogni grammo di sale arricchito fornisce 30 microgrammi di iodio in più pari a 1/5 di quello che per un adulto è necessario assumere ogni giorno. Dunque, utilizzarlo al posto del sale comune è un modo semplice e “indolore” per prendersi cura della propria salute.
A patto di usarlo con moderazione e a crudo perché con le alte temperature si produce lo iodio molecolare, che, sublimando, si disperde nell’aria. Per evitare quanto più possibile le perdite di iodio, inoltre, occorre conservarlo in luogo fresco, al riparo della luce e dall’umidità, e consumarlo velocemente, senza lasciare la saliera aperta a lungo.

Poi ci sono i sali colorati/esotici sono belli ma non sono dei superfood come si può pensare…quello rosa dell’Himalaya, quello nero di Cipro, il blu di Persia e il verde delle Hawaii, il viola indiano e il bianco di Bali, l’affumicato danese… Negli ultimi anni il mondo del sale si è riempito dei colori e degli aromi dei sali esotici e non solo, che rispecchiano nei loro granelli secoli di storia delle terre da cui provengono. Grazie alle loro tinte sono decisamente dei protagonisti in tavola e non certo dei comprimari come l’umile salgemma: sono straordinariamente decorativi e danno carattere a ricette e cocktail e regalano un’allure esotica a ogni piatto. Ma non sono superfood e non possono vantare proprietà salutistiche perché le quantità di minerali e oligoelementi che possono fornire, visti i bassi consumi, sono davvero irrilevanti.

Ma come ridurre o addirittura sostituire il sale nelle nostre pietanze senza comprometterne il gusto?

Per riuscire a non superare la dose giornaliera consigliata e quindi evitare di aggiungere sale alle preparazioni casalinghe possiamo insaporire i nostri piatti con aglio, cipolla, sedano, oppure con spezie ed erbe aromatiche che, oltre a dare sapidità, rilasceranno un aroma inebriante e gradevolissimo. Anche la marinatura, con olio, aceto e aromi, di carne, pesce o verdura è un buon metodo per assaporare al meglio il gusto naturale dei cibi senza dover aggiungere sale. Se impariamo ad utilizzare spezie ed erbe aromatiche al posto del sale, aggiungeremo salute ai nostri piatti, grazie ai componenti benefici da essi contenuti. In ultimo, sempre in un’ottica di un consumo consapevole, è importante imparare a dare un’occhiata ai valori nutrizionali dei cibi confezionati che compriamo, scegliendo magari quelli con un basso contenuto di sale.

Largo quindi a spezie come paprika, curcuma, cumino, coriandolo, noce moscata e curry, tra le più indicate per ridurre il sale nelle pietanze. Mix di erbe aromatiche fresche o essiccate come ad esempio basilico, erba cipollina, timo, rosmarino, salvia secca, origano sono perfette per preparare miscele per arrosti, pesce o verdure insieme ad aglio o cipolla. E poi ancora zenzero fresco o peperoncino, che grazie al loro sapore naturalmente piccante riducono molto l’esigenza di sale, fino agli olii aromatizzati, con scorza di agrumi, aglio o peperoncino, ideali per condire cibi crudi o cotti senza l’aggiunta di sale.

Ridurre il sale non è difficile, basta farlo gradualmente per rieducare il palato a cibi meno saporiti, ma soprattutto al gusto naturale degli alimenti.

In ultimo, anche se potrebbe sembrare banale, evitare di portare la saliera a tavola aiuterà a resistere alla tentazione di salare i piatti ulteriormente.